Select year:
t

14/01/2016

Intert Wine [It]: Cosa lega tra loro Il Maratoneta di Dustin Hoffman alla band napoletana dei Fitness Forever e a L'arte di correre di Haruki Murakami?



“Sii veloce come il vento; lento come una pianta; aggressivo come il fuoco; immobile come una montagna; inconoscibile come lo yin; irruento come il tuono.”

L'arte della guerra, Sun Tzu.

 

Ci siamo lasciati prima di Natale con la voglia di festeggiare, rilassarci e goderci tanto buon cibo. Poi è arrivato gennaio, in realtà già ci siamo dentro da un po’ e col nuovo anno tornano ancheIntertwine Consiglia e i nostri “intrecci”.

E’ un nuovo inizio ed è il momento dei propositi, buoni o cattivi che siano.

C’è chi vuole laurearsi o trovare un lavoro. Chi vuole sposarsi o fidanzarsi, e poi c’è chi, come noi, ha deciso di vivere semplicemente un anno in modo intenso.

Un anno in cui c’è l’obbligo di correre e sognare dal punto di vista professionale per far crescere sempre più la nostra creatura, ma anche di correre e sudare, perché qualche chiletto nelle vacanze natalizie lo abbiamo messo un po’ tutti e dobbiamo rimediare.

 

Ora però Intertwine Consiglia pt.42: “E’ il momento di correre e sognare” inizia con un film.

La scena iniziale è quella classica di ogni città alle prese con l’isteria generale del traffico e le offese reciproche che volano da un finestrino all’altro poi BOOM!

 

Subito dopo appare un uomo che corre e che controlla la sua perfomance: è Dustin Hoffman, il ritmo della sua corsa non lo soddisfa, per cui accelera.

Se non l’avete ancora capito, il film di questa settimana è Il Maratoneta.

 

Di solito il percorso di una maratona è lungo e faticoso, occorre concentrazione per arrivare alla fine, ma si tratta sempre un tragitto lineare, al massimo vi troviamo discese e salite, con qualche curva. Ben altra cosa invece è la storia raccontata da John Schlesinger ne Il Maratoneta.

In questo film del 1976, Dustin Hoffman è Babe, un giovane studente ebreo che prepara la tesi sul maccartismo e si allena per la maratona. La sua vita tranquilla è sconvolta dall'assassinio del fratello Doc (Roy Scheider), che aiutava un gruppo di vecchi nazisti.

Babe si mette a indagare sulla morte e da quel momento cambia la sua vita.

A quel punto dovrà iniziare a correre più veloce, per salvare la sua vita.

A cercarlo è il criminale di guerra nazista Christian Szell, interpretato da Laurence Olivier.

 

“Non lo trova incredibile? Anche la vita può essere semplice: sollievo e sofferenza. Quale di questi due applicherò adesso dipende unicamente da lei, quindi ci pensi su e mi risponda.

E’ sicuro?”

 

 

Questa è una delle scene più famose del film, quella della tortura ad opera del nazista tedesco che ripeta come in un loop: “E’ sicuro? E’ sicuro? E’ sicuro?”, convinto che Babe avesse qualche informazione utile per lui.

 

Dobbiamo anche dire che dopo questa scena il regista ha avuto più di una protesta da parte deidentisti perché i loro pazienti avevano ancor più paura di sedersi e aprire la bocca!

Il Maratoneta fu un film molto innovativo per il genere, perché la realtà nella storia non appare mai netta, come invece accadeva nei film d’azione "classici".

Tutto è sfuocato, non c’è un confine ben definito tra il bene il male e tutto all’improvviso può cambiare, quando si viene a conoscenza di una nuova verità.

Il nemico non è estraneo al mondo del protagonista, ma è dentro la stessa cerchia degli affetti. Anche il fratello e la ragazza che ama, quando cambia la prospettiva, diventano persone di cui non ci si può fidare.

 

Il Maratoneta è tratto dall’omonimo libro diWilliam Goldman e molto spesso i suoi dialoghi prolungati sembrano portarci più nelle pagine di un libro che di fronte a un film.

Gli attori sono in uno stato di grazia. In primisDustin Hoffman, che in quel decennio non ne sbaglia una e sforna un successo dietro l’altro: Il laureato, Un uomo da marciapiede, Cane di paglia, Papillon, Lenny, Tutti gli uomini del presidenteKramer contro Kramer, ecc.

Due concetti sono centrali in questo film.

Il primo è l’intolleranza, che fa emergere la furia nascosta in ogni persona; il secondo è l’indifferenza delle persone, che in questo caso permette al crudele criminale nazista di vivere una seconda vita tranquillo, come se nulla fosse successo in precedenza.

 

Ora però dal cinema alla parte musicale del nostro intreccio, con ritmi che ci riportano agli anni ’70, ma in realtà il disco che abbiamo scelto è del 2013.

Accendete lo stereo, alzate il volume e fatevi un po’ di largo per poter ballare.

Fatelo anche se siete a lavoro, perché ogni tanto una pausa ci vuole, gli esperti dicono che aumenti la produttività.

Loro sono i Fitness Forever e questa è Cosmos, estratta dall’omonimo disco:

 

“C'è la crisi in Medio Oriente, amore mio: casa tua o casa mia?

Stratagemmi di sicuro non ne avrò, passo a prenderti in metrò.”

 

Cosmos è il secondo lavoro del gruppo partenopeo, dopo Personal Train del 2009.

A farla da padrone in tutto il disco sono l’ironia e i ritmi leggeri ed effervescenti come in Cosmos, la title track dove tutto è rigorosamente vintage: le musiche, la strumentazione, ma anche l’ambientazione e i personaggi del video che sembrano usciti dal periodo dance anni 70.

 

E’ quello l’orizzonte temporale di riferimento dei Fitness Forever, tanto che il funky si mischia allesigle dei film polizieschi tipiche di quegli anni.

 

11 pezzi (10 canzoni più un intro) e tra i protagonisti troviamo anche il Cane Ciuff:

“Quando torni è sempre una gran festa

E se mi gratti è bello ancor di più

Dal balcone Re della Foresta

E per la strada faccio la pupù”

 

In Lui invece a farla da padrona è la nostalgia di un amore raggiante di qualche anno prima:

 

Il cantante del gruppo è Carlos Valderrama e a chi gli chiede da cosa derivi questo modo particolare di realizzare le loro canzoni, lui risponde: “Penso che derivi molto dall'essere napoletani. Qui guardiamo il mondo attraverso una lente che abbina ironia, disillusione, bellezza e cinismo; e tutto rasenta il nichilismo".

Altri pezzi molto belli sono Hotel FlamingoLe intenzioni del re e Il Mare, una canzone che, a leggere solo il testo senza musica, facilmente ci si può confondere con una poesia.

Cosmos può essere definito un ritorno al pop italiano degli anni 70, arricchito però dal mix originale di archi e tastiere. Ciò che ne deriva è un disco dall’ampio respiro, un mix originale ed eclettico.

 

Trovare un libro che parli di corsa non soltanto dal punto di vista tecnico non è semplice, ma addirittura uno in cui c’è un parallelo tra corsa e scrittura è ancor più complicato. Tutto ciò poteva farlo solo uno scrittore-maratonetacome Haruki Murakami e il libro con cui chiudiamo l’intreccio di questa settimana è il suo “L’arte di correre”.

L’arte di correre è una riflessione sul talento, sulla creatività, ma più in generale sullacondizione umana. E’ in primis l’autoritratto del famoso scrittore giapponese, che ama correre, è ambizioso e cerca continuamente di migliorare le sue prestazioni. Come?

Per lui nella corsa, come nella scrittura, c’è bisogno di allenamento e disciplina.

Questo è anche condizionato dal suo essere giapponese e basta ricordare tutti i film su karate, judo, ecc. per avere un’idea dell’importanza che l’allenamento, le regole ecc. hanno per quel popolo.

 

Questo libro può essere considerato una sorta di diario dello scrittore giapponese.

Nei capitoli ripercorre i suoi allenamenti e le sue gare, dai 5 km fino al triathlon, passando per la maratona, con ampie riflessioni sulla scrittura.

 

“Scrivere un libro è un po' come correre una maratona, la motivazione in sostanza è della stessa natura: uno stimolo interiore silenzioso e preciso, che non cerca conferma in un giudizio esterno.”

 

Nel suo caso la corsa compensa la vita prettamente sedentaria dello scrittore (professionista), dall'altro ne condivide e rafforza alcuni elementi o valori personali, quali la disciplina, la regolarità e, in certa misura, l'isolamento dagli altri.

Proprio la solitudine dello scrittore è uno degli elementi su cui si sofferma di più.

La scrittore deve trarre spunto dalla sua vita e da quella degli altri, ma nell’ “atto pratico” dello scrivere è da solo di fronte al foglio (in realtà è da solo davanti alla tastiera, ma l’immagine del foglio è più romantica..).

Chi scrive ha bisogno di concentrarsi e stare da solo, senza distrazioni.

 

Uno dei passaggi più significativi del libro è questa riflessione, che in realtà può essere applicata a ogni forma d’arte:

“Se riesco a scrivere dei libri è perché in un paesaggio vedo cose diverse da quelle che ci vede un altro, sento cose diverse e scegliendo parole diverse riesco a costruire storie che hanno una loro originalità.”

 

Per Murakami sia nella corsa, che nella scrittura è importante la capacità di mantenere costante la motivazione intrinseca, la spinta interiore non legata ai risultati ottenuti, ma al senso di soddisfazione per il lavoro fatto.

Così il corridore non professionista dovrà puntare in primis a superare se stesso, migliorando le proprie prestazioni, per poi superare gli altri. Questo implica una valutazione, che per la corsa può essere fatta monitorando elementi come il tempo o la distanza, mentre per gli altri ambiti presuppone una grande pesa di coscienza di sé.

“Nell’autostrada della vita, non si può sempre stare sulla corsia di sorpasso. Questo lo accetto. Ma ripetere lo stesso sbaglio, no. Da un insuccesso voglio imparare qualcosa che mi torni utile la volta successiva. Per lo meno finché mi è concessa la facoltà di farlo.”

 

Questa settimana vogliamo chiudere semplicemente con una canzone, che riassume bene le nostre intenzioni e progetti di quest'anno: Sogna, ragazzo, sogna!

 

 

 

 

 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

This website uses owner and from others cookies to improve ours services

If you continue visiting the site, we think you accept the use of them.
You can get more information into Cookies Policy.

Accept