l’etichetta spagnola Elefant Records ha pubblicato questo mese Cosmos, il secondo album della formazione italianaFitness Forever; così come già nell’esordio Personal Train, le sonorità sono quelle di un vintage pop poco propenso a compromessi (tutta la strumentazione usata per registrare il disco esisteva già nel 1978) che evoca gli anni ‘70 italiani: si riconoscono facilmente le esperienze di Matia Bazar o Lucio Battisti, Umiliani viene esplicitamente richiamato dal titolo della traccia di apertura, e anche qualche influenza straniera è evidente, come quella di Herbie Hancock, nel modo in cui nelle undici canzoni di questo lavoro si mischia e si sperimenta con il pop, con la bossanova, con il progressive, il funk, e i ritmi latini; il tutto conservando un certo gusto per le atmosfere cinematografiche, e quasi di conseguenza per le partiture orchestrali, che richiamano alla memoria altri possibili numi tutelari, come Morricone o Bacharach. il principale pregio dei Fitness Forever è quello di tenersi sempre leggerissimi, quasi twee, laddove la materia è facile anzi che sfugga di mano e si mineralizzi in una formula pesantissima (ne sanno qualcosa i Baustelle delle ultime uscite); il principale difetto è questa loro estetica che fatica a funzionare come spunto creativo, come molla o scintilla che dia il via ad un processo di rielaborazione: la riproposizione è fedele e porta con sè una visione completa, che include e restituisce tanto l’affascinante quanto l’eccessivo, andando a comporre quello che in ultima analisi appare un rifugio autistico, ricostruzione artificiale, ed inevitabilmente, in qualche modo, sinistra e mortuaria, di un mondo che è concluso e finito, e che con buone dosi di fantasia, filologia e ostinazione si vuole far rivivere a forza.
Movimenta [It]: "Cosmos" [Review]
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