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20/10/2015

Polaroid [It]: There’s no one like you



 

There’s no one like you

 

 

Le stagioni passano, le persone cambiano, le cose non vanno quasi mai per il meglio. La misura in cui lasciamo che gli altri ci deludano si assottiglia anno dopo anno, a mano a mano che, crescendo, ci rendiamo conto di avere deluso, trascurato, ferito e disgustato gli altri a nostra volta. La nostalgia è una consolazione. Amiamo ricordare quelli che abbiamo perduto, forse perché in fondo sappiamo che è l'unica maniera in cui non possono più farci del male.


L'indiepop è quel particolare genere musicale che, malgrado ogni cosa stia crollando, continua a ripetere versi come "It’s been a long time now, since I saw you around / But deep in my heart, I know I’ll see you again". Come se tutte le nostre meschinità fossero un costume fasullo, e ce ne potessimo spogliare in un solo momento, per tornare a prenderci per mano, camminare in un giorno pieno di sole, "singing classics we love from the Sixties".


Gli Alpaca Sports sono una band svedese che, nella piccola scena indiepop, ha riscosso all'istante consensi universali. Sin dalle prime uscite, il loro pop continua a essere limpido, leggero e cristallino, forse per qualcuno prevedibile. Eppure non sbagliano praticamente nulla. Le loro melodie sono dolcissime e gli arrangiamenti pieni (archi, flauti, glockenspiel quasi ovunque, tutti splendenti) ma mai stucchevoli. Soprattutto, gli Alpaca Sports riescono ancora a cantare "I’ll be the sunshine in your eyes / I’ll be the shoulder when you cry" senza un'ombra di incertezza, senza mostrare un attimo di ripensamento, di ironia o, peggio, senza alcuna apparente disonestà. Sono una primavera colma di speranze, senza nessuna ruga di amarezza, e forse è questa la chiave del loro successo. Riescono a mettere in scena, con piccole canzoni twee, quella fiducia nella giovinezza così totale, quella che forse si ha soltanto una volta nella vita, e che ti fa credere che la giovinezza possa ritornare. Il loro ultimo EP si intitola When You Need Me The Moste ho quasi voglia voglia di dire che rappresenta la quintessenza dell'indiepop. Altri hanno saputo e sanno restituire chiaroscuri differenti, sfumature più complesse e discorsi più sottili (l'altra eredità, quella del post-punk). Ma senza pretese né presunzione, l'indiepop è già tutto qui, negli intrecci lievi delle voci di Andreas Jonsson e Amanda Åkerman, nei suoni nitidissimi grazie all'aiuto di Gary Olson (Ladybug Transistor) e di Ian Catt (Saint Etienne, Field Mice, Trembling Blue Stars) in fase di registrazione e produzione. L'indiepop è tutto qui, finché potrà dire "I’m sure you’ve changed but so have I / I’m sure you’ve changed but I miss you".


 


 

 

 

 

 

 

 

 

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