Giorgio Tuma
Entrevista "In The Morning We'll Meet"
New Music Talent: GIORGIO TUMA “In the morning we’ll meet” (Exclusive Interview by Populous)
Un po’ come in “Memento” partirò dalla fine: “In the morning we’ll meet” è un capolavoro. Punto.
Ora, se il nome di Giorgio Tuma (uno che è già al suo terzo album) vi suona nuovo la colpa non è vostra. La stampa e i media nostrani hanno letteralmente snobbato i suoi precedenti lavori, preferendo incensare italiani che all’estero sarebbero delle autentiche nullità.
Povero Giorgio, lui è un ragazzo introverso del sud (Lecce), un sognatore: vuol far musica con la M, vuole che la sua arte parli una lingua universale. La cultura musicale è sconfinata, i riferimenti altissimi. Si va dai compositori italiani degli anni 60 (Piccioni, Umiliani e un pizzico di Battisti), la classica contemporanea (Ravel su tutti), il jazz spirituale di Coltrane, la scuola di Birmingham (Stereolab & co.) e l’alt-folk di Fleet Foxes e Grizzly Bear. Mettiamoci dentro anche tutto un lavoro sull’immaginario (c’incontreremo di mattina) che rende la scrittura di Tuma unica, sospesa com’è tra chitarre appena sfiorate, suoni giocattolosi, archi malinconici e polifonie vocali in odor di Beach Boys.
Le canzoni sono tutte così luminose e belle che segnalarne alcune sarebbe ingiusto. Mi limiterò a nominare alcuni dei guests illustri: il cantautore/compositore losangelino Michael Andrews (autore tra l’altro di colonne sonore culto come quella di “Me and you and everyone we know” e quella di “Donnie Darko”), la norvegese Susanna (una delle voci più belle dell’avant-garde contemporaneo) e la canadese Lori Cullen (collaboratrice dei Free Design, Owen Pallett e di molti jazz act).
Fino ad oggi in Italia non c’è stato spazio per un cantautore di tale spessore e sensibilità, ma io spero sempre che si possa rivivere una nuova italian golden age e mi auguro che un disco come “In the morning we’ll meet” sia il segnale che l’era del cattivo gusto sta per finire.
Intervista:
Pop: La prima domanda è d’obbligo: perché “In the morning we’ll meet”?
Giorgio: E’ un disco che ha a che fare con il sogno, l’amore e soprattutto con la speranza. Ecco, con il concetto di hope ho cercato di esorcizzare la mia visione della vita, che certamente non è una visione positiva.
Pop: Il tuo secondo disco “My vocalese fun fair” aveva in copertina un vecchio luna-park, cosa che so essere tua grande passione. Ecco, a quali strani immaginari ti sei ispirato per il nuovo album?
Giorgio: In primo luogo i disegni di un illustratore/cartoonist russo Yuri Norstein (così come anche quelli di Marc Chagall): gli innamorati che sorvolano case e paesi, sospesi in cielo, sono immagini che più volte hanno fatto capolino nella mia testa. Poi alcuni film: “Incompreso” di Luigi Comencini (con le musiche di Fiorenzo Carpi) , “Miracolo a Milano” e “Umberto D” di Vittorio De Sica (con le meravigliose musiche di Cicognini). Le suggestioni tratte da queste pellicole sono state dei fari durante la scrittura di “In the morning we’ll meet”.
Pop: Com’è nata la collaborazione con un mito assoluto del songwriting radical-chic come Michael Andrews?
Giorgio: quando ancora esisteva il buon vecchio myspace gli scrissi una mail dicendogli che ero un cantautore che cercava di mischiare il neo-folk americano a la Sufjan Stevens con il mood delle nostre colonne sonore degli anni 60 e 70. Sorprendentemente mi rispose, curioso, chiedendomi del materiale. E poi, con mia enorme sorpresa, accettò di collaborare. Ha fatto tutte le sessions nel suo studio di LA, dove ha praticamente registrato di tutto!! Banjo, marimba, miriadi di synth, bassi, chitarre, piani e anche voci. Come dire… quando in studio ci siamo ritrovati tutta questa marea di roba ho avuto la netta sensazione che in studio si sia molto divertito. (risate, ndr)
Pop: E il tuo rapporto con la Elefant?
Giorgio: Senza il loro appoggio un disco complesso come il mio forse non sarebbe mai uscito. Considerando poi che loro ora si stanno sempre più spostando su territori “facili” (twee-pop), credo che investire così tanto su una proposta come la mia sia un ulteriore attestato di stima.
Pop: Ma come fa un ragazzo che vive in Italia… anzi, scusami, come fa un ragazzo che vive in provincia italiana… anzi, come fa un ragazzo che vive in una provincia del sud Italia a concepire un’opera come “In the morning we’ll meet”?
Giorgio: Anni di ascolti, gavetta, sacrificio. Ho avuto la fortuna di avere come amici persone con cui m’è sempre piaciuto confrontarmi su questioni inerenti l’arte in genere. E poi l’aiuto dei miei collaboratori: Alice Rossi, Stefano Manca del Sudestudio e il mio arrangiatore Giuseppe Magagnino hanno fatto sì che le mie idee diventassero realtà.
Pop: Tre aggettivi per definire il mood del tuo disco.
Giorgio: Sognante, innocente e… forse potrei sintetizzare questo disco con il titolo del bellissimo album di Langley Schools Music Project “Innocence and despair”.
Giorgio Tuma [Hickey]
foto: Archivo Elefant
Giorgio Tuma [Hickey]
foto: Archivo Elefant
Giorgio Tuma [Hickey]
foto: Archivo Elefant