The last holy writer
TREMBLING BLUE STARS
The Last Holy Writer
(Elefant) 2007
alt-pop
di Francesco Amoroso
plus
less
Bobby Wratten fino ad oggi non mi ha mai tradito. Fino ad oggi mi è sempre stato vicino, nei momenti tristi come in quelli felici, nella povertà e nella ricchezza, nella salute e nella malattia, come se, da quando uscì il primo singolo dei suoi The Field Mice, “Emma’s House”, nel lontano 1988, si fosse celebrato tra noi una sorta di matrimonio, un legame indissolubile che ad ogni uscita di un nuovo disco fosse rinnovato. Un’unione voluta e benedetta dalle divinità (minori) della musica pop.
Da quel primo incontro, Bobby ha cambiato fidanzata, cambiato etichetta, sciolto The Field Mice, formato e sciolto i Northern Picture Library (e quelli sono stati forse i momenti meno felici della nostra relazione) e dato vita ai Trembling Blue Stars con i quali ha licenziato, fino ad oggi, già cinque album (e una raccolta di singoli). Cinque gemme rilucenti, cinque piccoli gioielli nascosti, ognuno dei quali ha rafforzato il nostro amore ed ha cementato la nostra unione.
Ma, rifletto, il tempo passa, le persone cambiano, i gusti anche, le fiamme, anche le più ardenti, rischiano di spegnersi.
Metto allora, con un po’ di timore, sul piatto (si fa per dire…..) il sesto lavoro dei Trembling Blue Stars, “The Last Holy Writer”, secondo per l’etichetta spagnola Elefant, che segue, a distanza di tre anni, “The Seven Autumn Flower”.
I miei presagi nefasti (prima o poi doveva accadere, mi dico) sembrano essere confermati: quando parte “By False Light”, un brano lento e alquanto scialbo, sono quasi portato alle lacrime. Bobby, mi hai tradito! La scintilla si è spenta! Tu quoque…
Non appena, però, la cristallina voce di Beth Arzy comincia a cantare il secondo pezzo in scaletta, “Idyllwild” (“A song on the radio/ makes you shiver/ And want to curl into a ball/ Makes you want to be/ Seventeen/ And forget the future’s shrinking/ Life was so open then/ Now it’s closing in/ One by one/ We’ve watched our dreams/ Disappearing …”) non posso che ricredermi, riavermi ed umilmente implorare perdono. Come ho potuto pensare che Bobby Wratten avesse perso il suo tocco. Come?
Tentando di essere un po’ meno coinvolti e più analitici, come forse sarebbe conveniente in questa sede, occorre, prima di tutto, sottolineare come “The Last Holy Writer” sia un album che non sposta in avanti il suono dei Trembling Blue Stars, ma non può assolutamente considerarsi un passo indietro. Ancora una volta supportato dal fido Ian Catt in cabina di regia, Bobby Wratten compie l’ennesimo miracolo. Andare avanti, pur rimanendo fermo e ben saldo sul posto.
Chi conosce i Trembling Blue Stars sa già bene cosa aspettarsi da questo nuovo lavoro e, vi assicuro, non rimarrà deluso (a meno che non sperasse in un’evoluzione sconvolgente del suono della band). A chi, invece, alquanto colpevolmente, soprattutto se amante dei suoni a cavallo tra anni 80 e 90, non li conoscesse ancora, con “The Last Holy Writer” viene data l’ennesima occasione per farlo.
Le caratteristiche principali del loro sound, infatti, rimangono immutate: batteria (elettronica per lo più) così “neworderiana” che neanche i New Order, chitarre che suonano più á-la Cure di quanto non potrebbe fare Robert Smith in persona, le armonie vocali che rimandano agli Slowdive più sognanti. Il tutto condito con un’elettronica discreta e non invadente, questa sì assolutamente attuale e ben consapevole di quanto si ascolta oggi, e con le voci di Bobby, sempre sognante e vellutata, e di Beth, che, finalmente, in questa seconda collaborazione con i TBS, acquista sicurezza e seduce.
L’operazione che compiono i Trembling Blue Stars, in ogni caso, non è affatto revival, non ha nulla a che vedere con il riproporre pedissequamente sempre la stessa formula che, alla lunga, potrebbe risultare un po’ stantia.
Bobby, lungi dall’idea di rivoluzionare con il proprio songwriting il mondo della musica pop, si limita a scrivere canzoni e, ad ogni nuovo lavoro, ha la capacità di sfornare delle piccole e succulente delizie che vanno ad arricchire quel sacchetto di prelibatezze che, nel corso degli anni, è riuscito a riempire come pochi altri.
Che si tratti di ballate malinconiche ed “autunnali” come “The Coldest Sky” o “Darker, Colder, Slower” (e con un titolo così poteva essere altrimenti?) o di brani dalla bellezza serena e dalla lucentezza delle albe estive come “From a Pale Blue Rosary” o “November Starlings”, Bobby Wratten e i suoi Trembling Blue Stars riescono, quasi inconsapevolmente, a rinsaldare quel legame forte ed esclusivo che li lega al loro seguito di culto, ristretto ma oramai fedelissimo.
Non riusciranno, probabilmente, neanche questa volta a rimpinguare le fila dei loro estimatori, ma forse, ormai, non è più questo che cercano. E dubito che possa essere considerato un male.
(28/06/2007)
Trembling Blue Stars [Ondarock]
picture: Archivo Elefant