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27/03/2009

"Personal train" article



Una volta al mare i bagnini erano tutti grassi. Enormi.
Talmente enormi che a guardarli veniva spontaneo chiedersi come avrebbero fatto, in caso di difficoltà, a salvare qualcuno.
Un po' come se il loro compito non fosse in realtà quello di garantire la sicurezza in una situazione di pericolo, ma fungere da deterrente.
Una sorta di monito peloso e tridimensionale, del tipo: "Lo vedi quel tizio? Ecco, pesa 120 chili ed ha sessant'anni. Affideresti mai la tua vita ad uno così? E allora, ci siamo capiti. Non fare cazzate".

Da dove vengo io, quando ero ragazzino, la partenza di una famiglia per il mare veniva gestita come l'organizzazione di una manovra militare in territorio di guerra.
I carrarmati erano Fiat Ritmo riempite in ogni singolo spazio disponibile.
Il portapacchi, spesso, riusciva a raggiungere la stessa altezza dei palazzi che s'incontravano lungo la strada.
Anche lo sbarco sulla spiaggia era reminiscente di quello in Normandia.
Per recuperare i posti migliori si arrivava al mare intorno alle sette della mattina. Da subito si cominciava con la strategia a cercare di far soccombere i vicini di sdraio. Le armi utilizzate erano il cibo.
Giuro che questa cosa non l'ho mai capita: ad un'occhiata superficiale sembrava che in spiaggia ci si dovesse andare per mangiare il triplo di quello che si sarebbe mangiato in casa.

Pomodori al riso, mozzarelle, biscottini... prima di riuscire a poter fare il bagno bisognava fare tre cose: allertare la protezione civile, redigere il testamento ed aspettare che la digestione facesse il suo corso.
Di solito, questo avveniva verso le cinque di sera. Proprio mentre il sole cominciava ad essere meno intenso, l'acqua diventava più fredda e a quel punto ti era già passata la voglia.

Il disco dei Fitness Forever ("Personal Train") è esattamente così.

In procinto di essere pubblicato dall'etichetta spagnola Elefant (marchio che sta all'indie pop come Playboy sta alla cultura della tetta rifatta), il disco porta in sé la leggerezza e la spensieratezza malinconica - sì, è un ossimoro ed è voluto - di certe giornate d'estate, nascondendo in realtà una profondità musicale fuori dal comune soprattutto per quanto riguarda i canoni twee.

Volendo continuare con le metafore di stampo vacanziero potremmo giocare a definire "Personal Train" come un tributo all'Italia degli anni sessanta, vista da chi era bambino negli ottanta. In pratica sono un pomeriggio estivo, uno di quelli squarciati in due da un temporale violento ed imprevisto, passato in casa davanti alla televisione. All'epoca in cui i palinsesti venivano dominati dalle repliche continue dei musicarelli e dei film di Alberto Sordi.

Lo ammetto, io ho un problema con un certo tipo di pop. Proprio lo stesso tipo di pop che i Fitness Forever si divertono a maneggiare.
Di solito, in questo genere di musica si assiste all'esaltazione e al trionfo della medietà (che non è mediocrità).
Tutto deve essere carino, lezioso, a modino, ma mai davvero incisivo.
Il risultato è che ci si ritrova ad avere a che fare con dischi tutti uguali, dai suoni tutti uguali e con la stessa estetica.Cosa che diventa problematica se ci si concentra sull'aspetto musicale: io non ho niente contro la musica povera, quella a bassa fedeltà, "piccola" per scelta tecnica ed artistica, ma spesso ho la sensazione che si sia raggiunto un punto di non ritorno e che questo recupero degli anni sessanta in versione "giocattolo" si sia ridotto ad essere un codice quasi quanto il dark ed il goth.
Con le cravatte a pallini al posto del cerone e delle borchie.

Ed è in questo contesto che la banda messa insieme dal genio (lo dico così, buttandolo via, ma lo penso davvero) di Carlos "Gaetano" Valderrama riesce ad emergere e farsi notare.
"Personal Train" è un grande disco proprio perché non si pone limiti, rimbalza sull'estetica twee cercando di volare alto, alzare l'asticella.
E lo fa confrontandosi con modelli enormi, grazie ad arrangiamenti classici ed impeccabili che prendono spunto e strizzano l'occhio ai Beach Boys di "Pet Sounds", con rimandi a cose di stampo tropicalista (Sergio Mendez, Joao Gilberto...), filtrati da una vena ironica, sincera, tipica di chi è abituato a prendersi molto poco sul serio.

E' musica vera, quella dei Fitness Forever, non solo un vestitino da indossare alla serata giusta.

Sul palco si presentano in dieci, portandosi dietro archi, fiati e tutto quello che serve per dar vita ad un concerto credibile. Sono casinisti tanto quanto le famiglie incolonnate nel traffico della strada che porta al mare e fanno canzoni grosse quanto il giro vita del bagnino.

Un consiglio: non fidatevi. Portatevi i braccioli.

Ascolta: Fitness Forever - Probabilmente
 





Fitness Forever [Stereogram]
picture: Archivo Elefant

 


 

 

 

 

 

 

 

 

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